di Giulio Andreani
Via libera definitivo del Cdm al correttivo del Codice della crisi con alcune modifiche rispetto al testo approvato in prima lettura il 10 giugno. A partire da quelle che disciplinano il trattamento dei crediti tributari e contributivi. Il testo approvato il 10 giugno prevedeva che nell’accordo di ristrutturazione il cram down non avrebbe potuto essere disposto dal tribunale se il soddisfacimento dei crediti tributari e contributivi non fosse stato pari almeno:
a) al 70% di tali crediti, esclusi interessi e sanzioni, qualora i creditori diversi da quelli pubblici che aderiscono alla ristrutturazione rappresentino meno del 25% dell’intero debito;
ovvero b) al 60% di tali crediti, esclusi interessi e sanzioni, qualora i creditori diversi da quelli pubblici che aderiscono alla ristrutturazione rappresentino il 25% o più dell’intero debito.
Non è sufficiente elevare la soglia legale di soddisfacimento per ottenere un incremento del pagamento offerto, perché le imprese che si trovano in una situazione di crisi dispongono di risorse finanziarie limitate; conseguentemente, se nell’ambito dell’Adr l’omologazione forzosa risulta troppo onerosa, il debitore è indotto a perseguire il risanamento mediante un diverso istituto in cui le soglie non siano previste: ad esempio mediante il concordato preventivo in continuità, ove non è prevista alcuna soglia minima. Se proprio un incremento doveva essere previsto, era necessario che non eccedesse il punto di indifferenza, superato il quale, l’impresa debitrice è spinta a utilizzare un diverso strumento di regolazione della crisi. La soluzione che, per quanto consta, si profila rispetta tale esigenza, prevedendo due soglie, a seconda dell’ampiezza delle adesioni degli altri creditori, pari al 50 e al 60% del debito costituito solo dai tributi, con esclusione di sanzioni e interessi, che corrispondono sostanzialmente al 37 e al 44% circa dell’intero debito. Inoltre, il cram down viene precluso quando il debito tributario o contributivo non è inferiore all’80% dell’intera esposizione debitoria dell’impresa debitrice e inoltre:
a) il contribuente ha omesso il versamento di imposte o contributi in almeno cinque periodi;
oppure b) nel caso in cui il debito tributario o previdenziale derivi, per almeno un terzo del debito oggetto di transazione, dall’accertamento di violazioni fraudolente.
Anche se sarebbe utile qualche limatura, queste misure sono giustificate, poiché evitano condotte abusive.
Non era necessario, infine, alcun intervento sulla norma contenuta nel testo approvato lo scorso 10 giugno che introduce la falcidia dei debiti tributari nella composizione negoziata, dalla quale sono escluse le risorse proprie dell’Unione Europea; una precisazione, però, da inserire nella relazione forse sì, per chiarire che anche l’iva può essere oggetto di riduzione in tale ambito, e non il contrario: questo tributo non rientra infatti tra le risorse proprie dell’Unione europea, se non per il solo 0,30%, come discende dall’art. 2 della decisione UE 2020/2053 del Consiglio UE del 14 dicembre 2020.
4 Settembre 2024