Il testo del Codice esclude dalle trattative le risorse proprie dell’Unione europea
di Giulio Andreani
Anche l’Iva potrà essere oggetto di riduzione e di dilazione di pagamento nella composizione negoziata della crisi, al pari di tutti gli altri tributi, come peraltro anticipato dal Sole 24 Ore già a seguito dell’approvazione del terzo decreto correttivo del Codice della crisi, da parte del Cdm, lo scorso 10 giugno. La conferma proviene dal testo definitivo della stessa relazione illustrativa di tale decreto.
Mediante l’inserimento del comma 2-bis nell’articolo 23 del Codice della crisi, con il correttivo è stata introdotta la possibilità – per le imprese che hanno accesso alla composizione negoziata – di concludere con le agenzie fiscali un accordo avente a oggetto la riduzione e la dilazione di pagamento dei debiti relativi alle imposte e ai loro accessori, con l’esclusione, tuttavia, «dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea». Questa previsione ha fatto erroneamente ritenere ad alcuni interpreti, e a dire il vero anche alle Commissioni Giustizia del Senato e della Camera dei deputati (si veda il Sole 24 Ore del 17 agosto 2024), che questa imposta non fosse oggetto di tale accordo. Ciò sul presupposto che l’Iva rientrasse tra le risorse Ue.
Però, in base alla decisione Ue – Euratom 2020/2053 del Consiglio dell’Unione europea del 14 dicembre 2020 sono da considerare risorse proprie dell’Unione, in sintesi, le entrate provenienti:
– dalle risorse proprie tradizionali costituite da prelievi, premi, importi supplementari compensativi e dazi:
– dall’applicazione di un’aliquota di prelievo dello 0,30% al gettito Iva;
– dall’applicazione di un’aliquota uniforme di prelievo sul peso dei rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati;
– dall’applicazione di un’aliquota di prelievo, tenuto conto delle altre entrate, al reddito nazionale lordo degli Stati membri.
L’Iva non è quindi risorsa Ue (se non per il solo 0,30%) e, se il legislatore avesse voluto escludere la possibilità di concordarne la falcidia nella composizione negoziata, lo avrebbe stabilito con poche semplici parole, ma non lo ha fatto. Anzi, nel corso dei lavori, per quel che ciò può rilevare sul piano interpretativo in assenza di documenti che risultino da atti ufficiali e formali, la parola «Iva» era stata inclusa nel citato comma 2-bis per escluderne la possibilità di riduzione mediante l’accordo, ma poi è stata cancellata. Ciò posto, rinvenire la suddetta infalcidiabilità nella disposizione che vieta la riduzione dei debiti relativi alle risorse proprie dell’Unione europea significherebbe far dire al legislatore, non solo ciò che non ha detto, ma persino quel che ha escluso.
Fortunatamente il testo definitivo della relazione illustrativa taglia la testa al toro, prevedendo che: 1) «l’esclusione inserita nella norma (ndr: il comma 2-bis) riguarda solo i tributi costituenti risorse dell’Unione europea e dunque non riguarda l’Iva»; 2) pertanto il dettato normativo «consente il raggiungimento di un accordo anche per la decurtazione o il pagamento dilazionato di tale imposta». Fine delle discussioni.
La possibilità di concordare con le agenzie fiscali la riduzione del debito relativo all’Iva – e agli atri tributi – non rileva in ogni caso per le composizioni negoziate iniziate anteriormente all’entrata in vigore del correttivo, poiché trova applicazione solo con riguardo alle trattative avviate con istanza di accesso depositata successivamente alla data dell’entrata in vigore del decreto, cioè dal giorno successivo alla pubblicazione dello stesso nella Gazzetta Ufficiale.
12 Settembre 2024