Pesano i limiti del Codice e l’approccio culturale degli operatori
Esclusi transazione fiscale e attestazione del piano Acquirente «solidale»
di Giulio Andreani
Dopo dieci mesi dalla sua entrata in vigore, la composizione negoziata della crisi (articolo dal 12 al 25-quinquies del Codice della crisi) mostra già la necessità di una revisione. Al 16 settembre 2022, le istanze di accesso a questo percorso sono risultate 376: decisamente poche (per i dettagli si veda la scheda ).
Risultati deludenti, in parte comprensibilmente dovuti al fatto che, trattandosi della prima fase di applicazione di questo istituto, la sua disciplina non è ancora divenuta familiare tra chi a vario titolo si occupa di crisi d’impresa: non padroneggiandolo ancora compiutamente, si tende ad avvalersene meno di quanto si potrebbe. Ma ci sono anche fattori strutturali. Ne analizziamo sei:
1 le imprese in crisi hanno normalmente rilevanti debiti fiscali e previdenziali, ma la composizione negoziata non consente di formulare una proposta di transazione fiscale e contributiva. Così non è possibile ottenere una falcidia dei debiti erariali che vada oltre la mera riduzione di sanzioni e interessi, né una dilazione di pagamento superiore a sei anni; né è possibile ottenere alcun tipo di beneficio relativamente ai debiti previdenziali e assicurativi. Conseguentemente, spesso la composizione negoziata è destinata a rivelarsi uno strumento inadatto e talvolta può rivelarsi persino abusivo;
2 il pur apprezzabile intento di semplificare la disciplina di questo percorso e di contenerne i costi ha spinto il legislatore a escludere l’attestazione del piano di risanamento, che però è un importante strumento di affidabilità e di garanzia per i creditori, i quali non si sentono sufficientemente tutelati solo dal ruolo svolto dall’esperto nominato in base all’articolo 13 del Codice;
3 sulla cessione di azienda autorizzata dal tribunale, l’articolo 22 del Codice esclude nei confronti dell’acquirente dell’azienda gli effetti (e dunque le responsabilità) di cui al comma 2 dell’articolo 2560 del Codice civile, ma non quelle previste dai commi 1 e 2 dell’articolo 14 del Dlgs 472/1997, a norma del quale il cessionario è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse dal cedente nell’anno della cessione e nei due precedenti. Inoltre, non costituendo la composizione negoziata una procedura concorsuale e non essendo essa menzionata nel comma 5-bis del decreto, non si applica l’esclusione delle responsabilità di cui stabilita da quest’ultima norma;
4 il trattamento dei debiti sorti verso i creditori nel corso della composizione e quello degli atti pregiudizievoli non sono disciplinati in modo da tutelare adeguatamente gli operatori che proseguono i rapporti commerciali e finanziari con l’impresa debitrice:
5 le norme sulla composizione negoziata non richiamano l’articolo 26 del Dpr 633/1972 che, a seguito del mancato incasso di crediti verso imprese in crisi, consente al creditore di recuperare l’Iva non percepita se il debitore ha fatto ricorso a vari istituti di regolazione della crisi; tale recupero non è quindi consentito, penalizzando i creditori;
6 il ruolo dell’esperto è fondamentale, ma frequentare un corso di 50 ore e iscriversi in un Albo non basta per formare un professionista cui occorrono competenze multidisciplinari e una certa organizzazione. E il compenso previsto non corrisponde spesso all’attività richiesta.
Urge quindi una modifica legislativa. Ma occorre anche un diverso approccio culturale da parte degli operatori.