di Giulio Andreani
Il decreto correttivo del Codice della crisi risolve il contrasto interpretativo concernente la possibilità della omologazione forzosa della transazione fiscale nel concordato in continuità aziendale. Tale contrasto è originato dalla poca chiarezza di due norme presenti nell’articolo 88 del Codice:
1 dall’incipit del comma 1 dell’articolo 88, il quale, nel disciplinare la transazione fiscale nel concordato preventivo, precisa che resta «fermo quanto previsto, per il concordato in continuità aziendale, dall’articolo 112,comma 2»: si pone dunque l’interrogativo se le disposizioni di cui all’articolo 112 si aggiungano a quelle dell’articolo 88, in particolare a quelle del comma 2-bis che disciplinano l’omologazione forzosa, ovvero le sostituiscano. Nella prima ipotesi le disposizioni del comma 2-bis rimarrebbero comunque applicabili, e quindi il cram down non risulterebbe escluso; nella seconda, invece, troverebbero applicazione solo le norme previste dall’articolo 112 e non quelle che regolano l’omologazione forzosa, che sarebbe quindi inattuabile;
2 dal comma 2-bis dell’articolo 88, il quale, nel disciplinare il cram down, da un lato, richiama solo il comma 1dell’articolo 109, che riguarda il concordato liquidatorio e non anche quello in continuità, inducendo a escludere il cram down in questo secondo tipo di procedura; dall’altro lato, tuttavia, stabilisce che l’omologazione forzosa è disposta se la proposta di transazione è conveniente o non deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria e ciò, poiché il concetto di non deteriorità è connesso al concordato in continuità, indurrebbe a ritenere ammissibile l’omologazione forzosa anche in questo caso.
Il Tribunale di Lucca, la Corte di Appello di Firenze e il Tribunale di Ancona si sono pronunciati a favore della tesi che nega la possibilità di cram down nel concordato in continuità, a differenza del Tribunale di Napoli, che ha affermato la tesi opposta, facendo leva soprattutto sulla ratio della omologazione forzosa, che è quella di superare ingiustificati dinieghi da parte degli enti finanziari e previdenziali in presenza di proposte non deteriori per l’Erario rispetto all’alternativa liquidatoria.
Lo schema di decreto correttivo fa chiarezza, anche se solo per il futuro, prevedendo che il tribunale può omologare il concordato, anche in mancanza di adesione da parte del Fisco o degli enti previdenziali, se la proposta è conveniente e tale adesione è determinante ai fini dell’approvazione della proposta di concordato da parte della maggioranza delle classi di cui al primo periodo dell’articolo 112, comma 2, lettera d), e la maggioranza è raggiunta solo escludendo (cioè “sterilizzando” o “neutralizzando”) il voto delle classi di creditori costituite dalle agenzie fiscali e dai suddetti enti.
La previsione della “sterilizzazione” del voto dei creditori pubblici, anziché quella della “conversione” dello stesso da negativo a positivo, impedisce direttamente sia che l’omologazione possa essere disposta anche senza il voto favorevole di alcuna classe, sia che la ristrutturazione trasversale possa derivare dal voto favorevole della “classe svantaggiata” costituita dal Fisco e dagli enti contributivi, che risulti tale, non in quanto positivamente espresso da questi creditori, ma per effetto della conversione dello stesso discendente dal cram down fiscale. In ogni caso, a scanso di equivoci, la nuova norma prevede anche che ai fini della ristrutturazione trasversale, ove la “classe svantaggiata” sia costituita dai creditori pubblici, il voto deve essere espresso.
12 giugno 2024