L’alternativa prevista dalla norma rischia di generare incertezze

di Giulio Andreani

Il nuovo articolo 88, comma 4, del Codice della crisi stabilisce chiaramente che il tribunale può disporre l’omologazione forzosa anche nel concordato in continuità, quando l’adesione dei creditori pubblici è determinante ai fini del raggiungimento della maggioranza delle classi oppure se la stessa maggioranza è raggiunta escludendo il voto di tali creditori.
L’uso della congiunzione (con valore disgiuntivo) “oppure” rischia però di generare nuove incertezze sugli effetti del provvedimento del tribunale sul voto. Gli effetti del cram down possono essere infatti due:
O la conversione del voto negativo dei creditori pubblici in un voto positivo
O l’ esclusione di tale voto dal calcolo della maggioranza.
La differenza non è di poco conto, perché se, ad esempio, su cinque classi due hanno espresso un voto favorevole e tre, tra le quali quella relativa ai crediti tributari, un voto contrario, applicando il criterio della conversione, il voto della classe del Fisco è da intendersi favorevole e quindi la maggioranza viene raggiunta con il voto positivo di tre classi su due; con il criterio dell’esclusione, invece, la maggioranza non è raggiunta poiché, a fronte di due voti negativi, solo due sono da intendersi positivi.
In base alla lettera della norma entrambi i criteri sembrano applicabili, anche se la previsione del secondo si rivela inutile, poiché non è mai necessario farvi ricorso, attesa la sufficienza del primo a consentire tutte le omologazioni consentite dal secondo.
Questa lettura è confermata, per quel che può valere, dalla relazione illustrativa del terzo decreto correttivo, la quale ha opportunamente chiarito che il comma 4 dell’articolo 88 effettivamente contempla due meccanismi utili per ottenere la maggioranza: il primo che non considera le classi di creditori pubblici tra le dissenzienti (ovverosia le considera consenzienti), fermo restando il numero complessivo di classi esistenti;
il secondo che prevede l’esclusione delle classi di creditori pubblici dal computo delle maggioranze
(quindi dal numero di classi necessario perché la maggioranza sia raggiunta) e tenendo conto solo
delle altre classi.
Ne discende che, se il numero delle classi favorevoli corrisponde a quello delle classi contrarie senza considerare quella dei creditori pubblici, solo il criterio della conversione consente di raggiungere la maggioranza; se invece il numero delle classi favorevoli corrisponde a quello delle classi contrarie comprendendo anche quella dei creditori pubblici, la maggioranza può essere raggiunta con entrambi i criteri.
Pare, invece, da escludere che il calcolo della maggioranza di cui alla lettera d) del citato comma 2  debba essere eseguito solo escludendo dal computo delle classi il creditore pubblico. Una regola siffatta non sarebbe illogica, ma potrebbe essere affermata solo se, in luogo della congiunzione (con valore disgiuntivo) “oppure”, il comma 4 dell’articolo 88 contenesse la congiunzione (con valore aggiuntivo) “e”.
27 Gennaio 2025