La Sezione di controllo Lombardia della Corte dei conti: nella composizione negoziata non è
consentita la falcidia dei tributi locali
di Giulio Andreani
Nella composizione negoziata della crisi non è consentita la falcidia dei tributi locali, cioè delle imposte di cui sono titolari i comuni, le città metropolitane, le province e le regioni (unitariamente: gli enti pubblici territoriali). Lo ha affermato la Sezione regionale di controllo per la Lombardia della Corte dei conti con la deliberazione 256/2024/PAR del 24 dicembre 2024) rappresentando che in tale ambito non è possibile dar corso a un accordo transattivo dei crediti tributari auto-amministrati (la cui amministrazione non sia, cioè, affidata a un’agenzia fiscale ex lege oppure sulla base di una convenzione stipulata con il soggetto attivo del tributo ai sensi dell’articolo 57 del Dlgs 30 luglio 1999, n. 300), in quanto, allo stato, tale possibilità è esclusa dalla normativa vigente. Ciò perché, per effetto del principio di indisponibilità del credito tributario, nessuna falcidia è consentita, in assenza di una specifica previsione derogatoria e una deroga è prevista, nella composizione negoziata, solo per i crediti erariali, e non per quelli locali. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi, per il medesimo motivo, con riguardo al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione di cui all’articolo 64-bis del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
I tributi locali non rientrano inoltre nella transazione fiscale disciplinata nell’accordo di ristrutturazione dei debiti e nel concordato preventivo dagli articoli 63 e 88, avendo tale istituto a oggetto solo i crediti erariali e contributivi. Tuttavia in questi strumenti di regolazione della crisi il trattamento dei crediti degli enti pubblici territoriali è parzialmente differente, potendo essi essere ristrutturati in base alle regole generali che regolamentano tali procedure: sia nel concordato, sia nell’Adr ove i suddetti enti possono concludere un accordo diverso dalla transazione fiscale, come ha da tempo affermato la Sezione regionale di controllo per la Toscana della Corte dei conti (a cui ha fatto seguito un’analoga pronuncia della Sezione regionale dell’Umbria), con la deliberazione n. 4/2021/PAR del 15 giugno 2021, emessa in risposta a un quesito con cui un comune chiedeva se fosse legittima l’adesione ex articolo 182-bis della Legge fallimentare (corrispondente all’articolo 57 del Codice della crisi) a un accordo di ristrutturazione dei debiti che prevedeva il pagamento parziale dell’Imu e delle relative sanzioni, ancorché in misura comunque superiore a quella che sarebbe derivata dalla liquidazione dell’impresa.
Come la stessa Sezione regionale della Lombardia della Corte dei conti ha rilevato, è quindi urgente un intervento del legislatore che superi le oggettive contraddizioni intrinseche di un sistema che continua a e cludere i tributi locali dal perimetro della transazione fiscale. Intervento peraltro già previsto dall’articolo 9, comma 1, lettera a), della legge n. 111/2023, avente a oggetto la revisione del sistema tributario, il quale prevede l’inclusione nella transazione fiscale dei debiti relativi ai tributi (e ai relativi accessori) di cui sono titolari gli enti pubblici territoriali. È in effetti illogico che il trattamento dei tributi locali sia diverso da quello dei crediti erariali e lo è ancor di più il fatto che, allo stato, essi nella sostanza finiscano per godere di maggiori protezioni di questi ultimi, nonostante siano assistiti da una causa di prelazione di grado inferiore.
23 Gennaio 2025