di Giulio Andreani
Il presupposto della composizione negoziata della crisi è costituito dallo stato di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che può condurre all’insolvenza: è quindi del tutto naturale che la gestione dell’impresa durante il periodo delle trattative svolte dall’esperto sia improntata al mantenimento della sostenibilità economico-finanziaria dell’attività e che debbano essere evitati atti che possano pregiudicare tale sostenibilità (art. 9, comma 1), anche interrompendo l’attività nel caso in cui la sua prosecuzione accresca lo squilibrio senza corrispondenti vantaggi futuri. Fatta eccezione per quest’ipotesi, il rappresentante dell’impresa ne conserva la gestione ordinaria e straordinaria fino alla conclusione delle trattative, restando correlativamente ferma la sua responsabilità per gli atti compiuti, proprio in considerazione della conservazione dei poteri di gestione.
Tuttavia, il compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché l’esecuzione di pagamenti, se non coerenti rispetto al contenuto delle trattative o alle prospettive di risanamento, devono essere preventivamente comunicati per iscritto all’esperto. Questi, se intravede nella loro attuazione il rischio di aggravare lo squilibrio dell’impresa e pregiudicare così gli interessi dei creditori ovvero il buon esito delle trattative e le prospettive di risanamento, deve segnalarlo al rappresentante dell’impresa nonché all’organo di controllo (se insediato), allo scopo di impedirne l’effettuazione. Se l’atto reputato pregiudizievole viene compiuto nonostante tale segnalazione, il dissenso può (ovvero – in caso di pregiudizio degli interessi dei creditori – deve) essere iscritto nel registro delle imprese nei successivi dieci giorni al suo compimento, (i) al fine di rendere nota ai creditori l’effettuazione di atti potenzialmente dannosi e (ii) per rendere applicabili all’atto pregiudizievole le azioni revocatorie disciplinate dagli artt. 66 e 67 l. fall.. Ai sensi dell’art. 12, comma 2, del D.L. n. 118/2021, infatti, non sono soggetti ad azione revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere successivamente all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, purché coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento sussistenti al momento del loro compimento, ma tale esenzione cessa relativamente agli atti pregiudizievoli. Le norme non specificano chi debba valutare la coerenza di tali atti, ma è ragionevole che vi provveda l’esperto per accertare i presupposti dell’iscrizione nel registro delle imprese del suo dissenso circa tali atti.
Tale iscrizione assume una funzione particolare quando il tribunale ha concesso le misure protettive e cautelari, giacché, in tal caso, essa può comportare la revoca di tali misure o abbreviarne la durata, secondo i dettami dell’art. 7, comma 6.
Al fine di agevolare la prosecuzione dell’attività, il tribunale, se ne appura la funzionalità rispetto alla continuità aziendale e la migliore soddisfazione, può autorizzare l’assunzione di nuovi finanziamenti che godono della prededucibilità di cui all’art. 111 l. fall., anche se erogati da soci o da altre società del gruppo. Al ricorrere dei medesimi presupposti, l’art. 10 ammette il trasferimento dell’intero complesso aziendale o di singoli rami, esonerando l’acquirente dalla responsabilità per i debiti aziendali anche se risultanti dai libri contabili, ad eccezione di quelli verso i lavoratori dipendenti. Ai sensi dell’art. 12 gli atti autorizzati dal tribunale conservano i propri effetti anche in caso di successiva apertura di una procedura concorsuale.
Una disposizione di rilievo è quella del comma 2 dell’art. 10, in base alla quale l’esperto può chiamare l’impresa a rinegoziare con la controparte il corrispettivo divenuto eccessivamente oneroso per effetto della pandemia, in relazione a prestazioni effettuate in forza di contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita (diversi dai contratti di lavoro dipendente). In caso di mancato raggiungimento di un accordo in tal senso, l’esperto informa dell’iniziativa intrapresa il tribunale, che a propria volta, sentite le ragioni di controparte, ha il potere di rideterminare direttamente il contenuto del contratto, sostituendone le condizioni con quelle giudicate più eque per il periodo strettamente necessario ad assicurare la continuità aziendale (il relativo provvedimento, adottato dal tribunale in composizione monocratica, è peraltro soggetto a reclamo).
La composizione negoziata, quando viene individuata una soluzione idonea, può terminare con la sottoscrizione da parte dell’impresa e di uno o più creditori: (i) di un contratto atto ad assicurare la continuità aziendale per un periodo di almeno due anni, nel qual caso competono le misure premiali previste dall’art. 14; (ii) di una convenzione di moratoria secondo le disposizioni dell’art. 182-octies l. fall.; (III) di un accordo sottoscritto anche dall’esperto, avente – sotto il profilo degli effetti – la medesima valenza del piano di risanamento attestato ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. d), l. fall. (la sottoscrizione dell’esperto è dunque richiesta in luogo dell’attestazione). In questi casi, tuttavia, non è attuabile la transazione fiscale e contributiva prevista dall’art. 182-ter l. fall. e ciò, ove il risanamento richieda una significativa ristrutturazione dei debiti tributari e previdenziali, può rendere per tale motivo preferibile un istituto che permetta il ricorso a detta transazione.
La composizione negoziata può del resto concludersi anche con un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 182-bis, con un accordo di ristrutturazione dei debiti ad efficacia estesa (art. 182-septies) o con un accordo agevolato (art. 182-novies): nel secondo caso la percentuale del settantacinque per cento ordinariamente richiesta per l’estensione dell’efficacia dell’accordo si riduce a quella del sessanta per cento, mentre nel terzo caso la percentuale del sessanta per cento richiesta per il raggiungimento della soglia qualificata di adesione dei creditori viene ridotta alla metà, grazie alla rinuncia alla moratoria legale per il pagamento dei creditori estranei, alla domanda di concordato “in bianco” e alla richiesta di blocco delle azioni cautelari o esecutive. Resta ferma la possibilità di predisporre il piano di risanamento attestato, ovvero di proporre domanda di concordato semplificato ovvero ancora di ricorrere a una procedura concorsuale o all’amministrazione straordinaria.
Infine, non si rendono applicabili le disposizioni in tema di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice in relazione ai pagamenti eseguiti e alle operazioni compiute, nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, in coerenza con l’andamento delle trattative e nella prospettiva di risanamento dell’impresa, nonché ai pagamenti e alle operazioni che il tribunale ha autorizzato.