di Giulio Andreani
L’imprenditore, dopo aver avviato la composizione negoziata della crisi, può fare ricorso a un “concordato semplificato” quando l’esperto nominato per tale composizione dichiara, al termine del suo incarico, che le trattative condotte non hanno avuto esito positivo e che non sono praticabili le soluzioni “positive” di detto istituto, costituite dalla stipula con i creditori di un contratto idoneo ad assicurare la continuità aziendale, di una convenzione di moratoria, di un accordo equipollente a quello concluso in esecuzione di un piano di cui all’art. 67 l. fall. o di un accordo di ristrutturazione dei debiti.
Tale concordato è caratterizzato: a) dall’assenza del giudizio di ammissione; b) dall’assenza del voto dei creditori, ai quali è attribuito il diritto di opporsi alla omologazione; c) dall’assenza delle figure dell’attestatore e del commissario giudiziale, le cui funzioni sono parzialmente assolte dall’esperto e da un ausiliario appositamente nominato dal tribunale. Ne derivano una maggior celerità e una minor onerosità della procedura, certamente apprezzabili.
La proposta di concordato deve essere presentata entro sessanta giorni dalla comunicazione con cui l’esperto nominato ai fini della composizione negoziata rende nota all’impresa debitrice la relazione redatta al termine del suo incarico, da cui, come si è già rilevato, deve risultare un esito non positivo delle trattative condotte. Deve trattarsi di una proposta di concordato con cessione dei beni, che preveda la liquidazione del patrimonio dell’impresa; essa è comunicata al pubblico ministero e iscritta nel registro delle imprese, dalla data di pubblicazione del quale si producono i seguenti effetti: (i) si applicano le regole di distribuzione delle somme disposte dall’art. 111 l. fall. concernenti i crediti prededucibili, i crediti assistiti da una causa di prelazione e quelli chirografari; (ii) l’organo amministrativo dell’impresa conserva l’amministrazione ordinaria dei beni e l’esercizio ordinario dell’attività; (iii) i creditori per titolo e causa anteriori alla iscrizione del ricorso non possono iniziare né proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio della debitrice, né acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia l’autorizzazione del giudice; (iv) si applicano le norme della legge fallimentare richiamate dall’art. 169 l. fall..
Il tribunale, valutata la ritualità della proposta, acquisisce la relazione finale redatta dall’esperto e il parere che quest’ultimo deve predisporre in merito ai presumibili risultati della liquidazione prevista dalla debitrice e nomina con decreto un ausiliario, il quale rilascia un parere che, unitamente alla proposta di concordato e alla relazione finale dell’esperto, è comunicato, a cura della stessa impresa debitrice, ai creditori risultanti dall’elenco che quest’ultima ha inserito nella piattaforma telematica al momento in cui ha presentato l’istanza di nomina dell’esperto per la composizione negoziata della crisi. Con il medesimo decreto il tribunale fissa la data dell’udienza per la omologazione del concordato, che non può tenersi prima che siano trascorsi almeno
trenta giorni dalla comunicazione di tale provvedimento, avverso la quale i creditori e qualsiasi interessato possono proporre opposizione. La convocazione di tale udienza ai fini della omologazione del concordato non è subordinata a una preliminare valutazione del tribunale fondata sui pareri espressi dall’esperto e dall’ausiliario nominato, eccettuata quella concernente la ritualità della proposta. Lo si evince dal comma 5 dell’art. 18 del decreto-legge, ai sensi del quale il tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio e dopo aver verificato le regolarità del contraddittorio e del procedimento, omologa il concordato quando risulta che:
1. i pagamenti a favore dei creditori sono previsti nel rispetto dell’ordine delle cause di prelazione;
2. il piano di liquidazione è fattibile;
3. la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare e assicura un’utilità a ciascuna creditore.
La norma “rivoluziona” quindi l’oggetto del giudizio di omologazione, per mezzo del quale dovrà essere accertato solo che la proposta non arrechi pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare e che ciascun creditore riceva un’utilità, senza alcuna soglia minima fissa.
Il decreto di omologazione è immediatamente esecutivo e, dopo essere stato pubblicato nel registro delle imprese, è comunicato dalla cancelleria alle parti costituite nel giudizio che, nei successivi trenta giorni, possono proporre reclamo alla corte di appello, il cui decreto è ricorribile per cassazione entro trenta giorni dalla sua comunicazione.
Con il decreto omologativo il tribunale nomina un liquidatore, al quale si applicano le disposizioni previste all’art. 182 l. fall. per il liquidatore giudiziale del concordato ordinario. Quando il piano di liquidazione comprende un’offerta da parte di un soggetto già individuato avente il trasferimento in suo favore di uno o più rami di azienda o di specifici beni, il liquidatore, se non sussistono migliori soluzioni, dà esecuzione all’offerta; se il piano prevede che quest’ultima deve essere accettata prima della omologazione, e dunque prima della nomina del liquidatore, ne dà esecuzione l’ausiliario previa autorizzazione del tribunale. Non è quindi necessario il procedimento di cui all’art. 163-bis l. fall..
Il comma 8 dell’art. 18 stabilisce che al concordato semplificato si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 173, 184, 185, 186 e 236 l. fall., mentre non richiama quelle dell’art. 182-ter relative alla transazione fiscale e contributiva. Ciò deriva dalla struttura di tale procedura, che non prevede l’espressione del voto da parte dei creditori: è pertanto del tutto naturale che sia esclusa la formulazione della proposta di transazione fiscale, costituendo essa lo strumento attraverso il quale il contribuente-debitore provoca l’adesione del Fisco e degli enti previdenziali alla propria proposta di trattamento dei crediti tributari e contributivi, pronuncia che in questo tipo di concordato, come osservato, non è prevista né è necessaria. Non ne discende tuttavia che i debiti fiscali e contributivi non possano essere falcidiati e dilazionati, sempre che
vengano regolati nel rispetto dell’ordine delle cause di prelazione, ma solo che tali effetti devono essere previsti nella proposta formulata con l’istanza di omologazione (e nel piano liquidatorio) unitamente a quelli riguardanti gli altri creditori.
Il richiamo dell’art. 173 rende possibile anche in questa procedura una reazione a fronte di condotte fraudolente poste in essere dalla debitrice e quello dell’art. 236 estende al concordato “semplificato” l’applicazione delle sanzioni penali previste con riguardo alle imprese ammesse alla procedura di concordato preventivo.