L’intreccio tra le correzioni al Codice varato nel 2019 e la delega sul sistema tributario prevista dalla legge 111/2023

di Giulio Andreani e Maria Carla De Cesari

Le misure con impatto fiscale per le imprese in difficoltà avranno due contenitori: il Dlgs correttivo del Codice della crisi d’impresa 14/2019 (che è ora al parere delle commissioni parlamentari, dopo l’approvazione nell’esame preliminare nel Consiglio dei ministri del 10 giugno) e uno o più decreti legislativi attuativi dell’articolo 9 della legge 111/2023, che contiene la delega per la riforma fiscale. Con il primo veicolo, il correttivo del Codice della crisi (Cci), si sono definite alcune misure sulla transazione fiscale e/o contributiva e si sono precisate le condizioni per l’omologazione forzosa (si vedano gli approfondimenti nelle pagine seguenti).
Il correttivo del Codice della crisi è stato preferito per le norme sulla falcidia per evitare problemi rispetto ai dettami della legge delega fiscale, che all’articolo 9, comma 5 stabilisce «la possibilità di raggiungere un accordo sul pagamento parziale o dilazionato dei tributi, anche locali, nell’ambito della composizione negoziata, prevedendo l’intervento del tribunale». Inoltre, si propone di «introdurre analoga disciplina per l’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi».

Codice della crisi

In sintesi, con il correttivo della crisi d’impresa è stata introdotta anche nella composizione negoziata la riduzione e/o la dilazione dei debiti fiscali, compresa l’Iva, ma non dei tributi dell’Ue e degli enti locali. Sono esclusi i debiti contributivi. La proposta dovrà essere corredata dalla relazione di un professionista indipendente, che ne attesti la convenienza rispetto alla liquidazione giudiziale, e da una relazione sulla completezza e sulla veridicità dei dati aziendali redatta dal revisore legale della società proponente, se esistente, o, negli altri casi, da un revisore designato.
Transazione fiscale possibile anche nei Pro, i piani di ristrutturazione soggetti a omologazione. In entrambi i casi senza cram down.
Invece, negli accordi di ristrutturazione la transazione può interessare non soltanto i tributi e i relativi accessori, ma anche i contributi e i premi che vengono amministrati dagli enti previdenziali e assicurativi.
Le condizioni dell’omologazione forzosa sono diventate però molto stringenti:

  • l’accordo non deve avere carattere liquidatorio;
  • se il credito complessivo vantato dai creditori che aderiscono alla ristrutturazione è pari almeno a un quarto dell’importo complessivo dei debiti dell’impresa, il soddisfacimento dei crediti tributari e contributivi non può essere inferiore al 60%, esclusi interessi e sanzioni, (misura corrispondente a circa il 42% del debito complessivo);
  • il soddisfacimento dell’amministrazione finanziaria o degli enti previdenziali deve essere non deteriore rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale alla data della proposta;
  • l’adesione dei creditori pubblici deve essere determinante rispetto al raggiungimento delle soglie di efficacia degli accordi.

Se l’ammontare complessivo dei crediti vantati dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione è inferiore a un quarto dell’importo complessivo dei debiti dell’impresa debitrice,
oppure non vi sono altri creditori aderenti, la quota minima di soddisfacimento dei crediti del Fisco e dell’Inps sale al 70% dell’importo di ciascun ente pubblico, esclusi sanzioni e interessi (corrispondente a circa il 42% del debito complessivo).
La possibilità di omologa forzosa viene inoltre esclusa nel caso in cui il debito tributario e contributivo non sia inferiore all’80% dei debiti complessivi e derivi prevalentemente da omessi versamenti relativi a cinque anni; oppure dall’accertamento, per almeno un terzo del debito, di condotte fraudolente, anche semplicemente contestate.
Anche il concordato in continuità potrà essere omologato forzosamente, anche in mancanza di adesione da parte del Fisco o degli enti previdenziali, a patto che la proposta sia conveniente per l’Erario e questa adesione sia determinante ai fini dell’approvazione della proposta di concordato da parte della maggioranza delle classi di creditori.

La legge delega fiscale

Con il decreto delegato Ires/Irpef (che è stato approvato dal Consiglio dei ministri alla fine di aprile ma non è ancora giunto in Parlamento per il parere) in attuazione della delega fiscale viene rivisto il sistema di determinazione del reddito delle imprese in liquidazione volontaria.
Quando quest’ultima fase si protrae oltre l’esercizio in cui ha avuto inizio, il reddito di ciascuno dei periodi di imposta compresi tra l’inizio e la chiusura viene determinato, secondo le regole ordinarie, in via definitiva.
Tuttavia, se ci sono talune condizioni di durata della procedura (tre anni per le società di persone e cinque anni per quelle di capitali), il contribuente ha la facoltà di rideterminare il reddito dell’ultimo di tali esercizi e progressivamente quello degli esercizi precedenti, computando a riduzione di ciascuno di essi le perdite residue fino alla concorrenza del relativo importo.
La legge 111/2023 apre anche alla possibilità di rivedere i rapporti all’interno della cessione d’azienda e alla responsabilità in solido da parte del cessionario per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo, anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.
La riforma della fiscalità della crisi attende ora il decreto attuativo della legge delega 111/2023, la quale stabilisce, tra le altre cose, che il regime tributario degli istituti previsti dal Codice della crisi d’impresa venga diversamente delineato a seconda che questi abbiano, o meno, natura liquidatoria, distinguendo tra:

  1. istituti liquidatori da cui discende l’estinzione dell’impresa debitrice, per i quali il reddito d’impresa si determinerà sulla base del metodo del residuo attivo conseguito in un periodo unico (attualmente applicato solo alle imprese soggette a liquidazione giudiziale);
  2. istituti di risanamento, per effetto dei quali l’estinzione dell’impresa debitrice non si verifica, a cui si applicherà l’ordinaria disciplina del reddito d’impresa.

È inoltre prevista l’introduzione nel Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) di un nuovo articolo, allo scopo di disciplinare sotto il profilo fiscale anche l’istituto della liquidazione controllata dei soggetti sovraindebitati di cui agli articoli 268 e seguenti del Codice della crisi, alla quale possono accedere o essere assoggettati, quando si trovano in stato di sovraindebitamento, il consumatore, il professionista, l’imprenditore minore, l’imprenditore agricolo, le start-up innovative e ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale o ad altre procedure previste da leggi speciali. Al momento, infatti, questo istituto è sprovvisto di una specifica disciplina tributaria.
A tali modifiche del regime sostanziale dovrà corrispondere un adeguamento delle norme sugli adempimenti dichiarativi delle imprese in crisi.
Sempre in attuazione della legge delega, la transazione fiscale dovrà inoltre essere estesa anche ai tributi locali, dei quali il correttivo del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza non si è potuto occupare per ragioni di celerità di approvazione.

28 giugno 2024