di Giulio Andreani
Oltre alla composizione negoziata, la transazione fiscale dovrebbe essere inoltre estesa ad altri istituti disciplinati dal Codice della crisi. Vediamoli.
1 – Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione. Sarebbe del tutto irragionevole che la transazione fiscale, sebbene prevista nel contesto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo, continuasse a rimanere esclusa dal piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (Pro). Infatti, quest’ultimo, pur costituendo un istituto autonomo e non una specie di altro strumento di regolazione della crisi, è per certi versi collocabile nella sostanza proprio fra l’accordo di ristrutturazione e il concordato preventivo, prevede anch’esso la nomina di un commissario giudiziale e la omologazione da parte del tribunale del piano proposto dal debitore. Anche in questo caso, come per la composizione negoziata, pare tuttavia da escludere la possibilità di cram down fiscale, ancorché la omologazione forzosa sia consentita nell’accordo di ristrutturazione e nel concordato preventivo, in considerazione della natura del Pro, che è fondato sul voto favorevole di tutte le classi di creditori e comporta necessariamente la costituzione di una classe formata esclusivamente da crediti fiscali.
2 – Concordato minore (articolo 74 del Codice della crisi). Non sussiste infatti alcun motivo per sottoporre a discipline diverse fattispecie fra loro del tutto omogenee. Del resto, l’articolo 74 già prevede l’applicazione a questo istituto delle disposizioni che disciplinano il concordato preventivo in quanto compatibili, tra le quali potrebbero ritenersi comprese anche quelle sulla transazione fiscale. Si tratterebbe, quindi, di una precisazione più che di una estensione.
3 – Concordato attuato nell’ambito della liquidazione giudiziale (articolo 240 del Codice). È infatti ingiustificato anche in questo caso un procedimento che non preveda i medesimi effetti che si producono nel concordato preventivo e penalizzi così il debitore.
4 – Concordato attuato nell’ambito dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. È sufficiente inserite nei relativi corpi normativi disposizioni analoghe a quelle previste dall’articolo 88 del Codice.
I tributi locali
In attuazione della legge delega la transazione fiscale è inoltre destinata a essere estesa ai tributi
locali degli enti e delle Regioni, al fine di eliminare un duplice rischio:
● che tali crediti, a causa di ingiustificate resistenze e condotte irrazionali degli enti che ne sono titolari, finiscano, nonostante siano assistiti da una causa di prelazione di rango inferiore a quelle
che assistono i crediti erariali, per essere trattati meglio di questi ultimi, in danno dell’Erario;
● che tali crediti, a seguito della liquidazione giudiziale del debitore provocata dal mancato raggiungimento di un accordo, non vengano soddisfatti in alcuna misura, in danno degli stessi enti
creditori.
A dire il vero, anche in base alla legge vigente tali tributi potrebbero già essere oggetto di ristrutturazione, come hanno da tempo affermato alcune sezioni regionali della Corte dei conti,
rispondendo a quesiti con cui alcuni Comuni avevano chiesto se fosse legittima l’adesione ex articolo 182-bis della legge fallimentare (corrispondente all’articolo 57 del Codice della crisi) a un accordo di ristrutturazione dei debiti che prevedeva il pagamento parziale dell’Imu e delle relative sanzioni, ancorché in misura comunque superiore a quella che sarebbe derivata dalla liquidazione dell’impresa. Le pronunce della Corte dei conti non sono tuttavia bastate e si è reso dunque necessario l’intervento del legislatore.
18 settembre 2023