Per stabilire qual è la portata della detassazione delle sopravvenienze attive, generate da una transazione fiscale,  prevista dal comma 4-ter dell’art.. 88, del TUIR e quali effetti questa disposizione produce sull’utilizzabilità  futura delle perdite fiscali pregresse, occorre preliminarmente verificare in che misura tali sopravvenienze sono rilevanti ai fini delle imposte sui redditi, indipendentemente dall’applicabilità di tale norma, sulla base della nozione generale di sopravvenienza fiscale.

Il comma 1 del medesimo articolo 88 del TUIR stabilisce al riguardo (in maniera sostanzialmente speculare rispetto  a quanto previsto dal successivo art. 101, comma 3, con riferimento alle sopravvenienze passive) che agli effetti delle imposte sui redditi si considerano sopravvenienze attive:

  1. i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi;
  2. i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi (per esempio, rientra in questa categoria il maggior valore di mercato attribuibile all’azienda restituita al cedente ai sensi dell’art. 1523 del codice civile per inadempimento dell’acquirente, rispetto all’ammontare del credito residuo vantato dal cedente, in caso di vendita con riserva di proprietà);
  3. la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi.

Dalla definizione legislativa si desume che gli elementi caratterizzanti le sopravvenienze attive in senso proprio sono:

  • la presenza di poste di competenza di esercizi precedenti cui l’evento sopravvenuto è collegato sul piano causale, atteso che, se tale evento si verificasse nel corso dello stesso periodo d’imposta cui compete il ricavo o il costo oggetto di rettifica, non si determinerebbe alcuna sopravvenienza sotto il profilo fiscale, già rilevando ai fini della formazione del reddito d’impresa l’importo (netto) correttamente quantificato tenendo conto di tutte le componenti reddituali tra loro correlate. La rettifica di un costo o di un ricavo contabilizzato in esercizi precedenti deve necessariamente fondarsi su un evento sopravvenuto, affinché possa trattarsi di sopravvenienza (se tale rettifica è invece dovuta alla correzione di un errore compiuto nella valutazione di una precedente operazione, non si verifica alcuna deroga al principio di competenza, dovendo la correzione assumere rilevanza con riguardo a detto periodo e non in quello in cui si rimedia all’errore);
  • la necessità che l’operazione originaria abbia assunto (o dovesse assumere a norma di legge) rilevanza ai fini delle imposte sui redditi. Questa caratteristica, a ben vedere, ricorre anche nel caso della cancellazione di un debito originato dal mutuo erogato da un soggetto che non è socio della società mutuataria, giacché la sua successiva remissione modifica la natura della somma originariamente corrisposta a quest’ultima, trasformandola in un provento che non può non essere fiscalmente rilevante; tant’è che la somma percepita dall’impresa avrebbe assunto subito rilevanza reddituale se corrisposta ab origine dal terzo senza vincolo di restituzione.

Per converso, in base al medesimo principio di simmetria fiscale, se l’evento sopravvenuto si ricollega ad un costo o ad un provento che non ha concorso alla formazione del reddito del periodo d’imposta di competenza (in quanto fiscalmente irrilevante), anche la relativa rettifica non assume rilevanza fiscale. Infatti, il costo non dedotto ai fini della determinazione del reddito d’impresa si considera fiscalmente tamquam non esset, sicché, se esso non ha assunto rilevanza alcuna a tal fine, non può assumerla neppure la sua sopravvenuta insussistenza (in sostanza, se sotto il profilo fiscale un costo non esiste, non può neanche venire meno). In altri termini, il comma 1 dell’art. 88 stabilisce che la sussistenza di una correlazione tra il provento sopravvenuto e un costo di competenza di esercizi precedenti rileva sia in senso positivo (comportando l’imponibilità del provento rettificativo se il suddetto costo è stato dedotto), sia in senso negativo (escludendone l’imponibilità se il medesimo costo non è stato dedotto). Ne consegue che l’imputazione al conto economico di un provento, rilevato a seguito della riduzione di un costo indeducibile di competenza di esercizi precedenti, costituisce sopravvenienza attiva solo agli effetti contabili, e non anche sotto il profilo fiscale, quale sopravvenienza attiva non imponibile (come tipicamente accade, per esempio, in caso di utilizzo di fondi svalutazione crediti o fondi per rischi e oneri costituiti mediante svalutazioni o accantonamenti fiscalmente non dedotti). Il principio succitato è stato da tempo riconosciuto dal Ministero delle Finanze con la ris. 28.6.1979, n. 9/813, con la quale è stato affermato che i rimborsi d’imposta configurano una sopravvenienza attiva imponibile solo se le imposte cui si riferiscono hanno già assunto carattere di onere deducibile nella determinazione del reddito imponibile; se invece le imposte oggetto di rimborso sono fiscalmente indeducibili, il loro rimborso non dà luogo a sopravvenienze attive imponibili.

E’ peraltro doveroso rappresentare che un diverso orientamento è stato espresso dalla Corte di Cassazione con le sentenze 11/10/2017 n. 23812 e 13/07/2018 n. 18719, con riferimento ad accantonamenti diversi da quelli espressamente previsti dal TUIR che, ai sensi dell’art. 107, comma 4, del suddetto testo unico, costituiscono accantonamenti fiscalmente non riconosciuti e quindi indeducibili. La Suprema Corte ha, infatti, affermato che, se il fondo relativo a tali accantonamenti indeducibili viene azzerato, il venir meno dell’accantonamento precedentemente effettuato dà luogo a una sopravvenienza attiva ex art. 88 del TUIR e quindi un componente positivo di reddito imponibile, come se l’accantonamento fosse stato dedotto. Ciò, come sopra enunciato, contrasta con quanto stabilito dall’art. 88 testé citato, secondo il quale la riduzione di un costo di competenza di esercizi precedenti   costituisce sopravvenienza attiva fiscalmente rilevante solo se tale costo ha concorso alla formazione del reddito nel periodo d’imposta di competenza. A ben vedere le citate pronunce presentano anche profili di contraddittorietà perché, pur affermando che l’azzeramento del fondo costituito con accantonamenti indeducibili origina una sopravvenienza attiva tassabile, danno al tempo stesso atto del fatto che l’utilizzo del fondo genera una variazione in diminuzione del reddito, proprio perché si tratta di utilizzo di un fondo costituito mediante accantonamenti fiscalmente non rilevanti. Per tali motivi il descritto orientamento è censurabile e non meritevole di costituire un riferimento ai fini di cui trattasi.

Le sopravvenienze da esdebitamento discendenti da una transazione fiscale sono generalmente costituite sia dalla sopravvenuta insussistenza di passività iscritte nel bilancio di precedenti esercizi inerenti all’iva e alle ritenute, sia da oneri quali l’Ires, l’Irap, altri tributi, le sanzioni, gli interessi moratori e dilatori, i contributi previdenziali e le somme aggiuntive inerenti a tali oneri contributivi, che normalmente non concorrono a formare il reddito d’impresa tassabile, in quanto componenti negativi di reddito indeducibili a tal fine.

Ciò significa che alcuni di tali debiti (quelli da ultimo indicati) derivano, attesa la loro natura, dal sostenimento di corrispondenti oneri fiscali e sono rilevati nelle scritture contabili in corrispondenza di tali oneri, mentre altri (quelli relativi all’IVA e alle ritenute operate e non versate) sono rilevati direttamente come debiti, in sostituzione di altri debiti (verso dipendenti o lavoratori autonomi a seguito delle effettuazione della ritenuta) o per effetto dell’eccedenza delle somme percepite a titolo di iva rispetto a quelle corrisposte ai propri fornitori, e dunque in assenza della rilevazione di costi fiscali a essi correlati. Gli oneri che hanno originato i debiti del primo tipo, tranne che relativamente ad alcuni tributi “minori”, non sono deducibili, mentre i debiti del secondo tipo non sono generati da oneri.

Pertanto, alla luce della nozione generale di sopravvenienza attiva stabilita dal comma 1 dell’art. 88 del TUIR, la sopravvenienza attiva rappresentata dall’insussistenza dei debiti relativi all’iva e alle ritenute è fiscalmente rilevante, mentre quella che rettifica i debiti originati da componenti che, in quanto indeducibili, non sono stati dedotti ai fini della determinazione dei redditi degli esercizi precedenti, non è per propria natura rilevante nell’ambito delle imposte sui redditi.

Conseguentemente gli effetti previsti dal come 4 ter del citato art. 88, qual è quello dell’assorbimento delle perdite fiscali pregresse, si producono solo con riguardo all’ammontare delle sopravvenienze fiscalmente rilevanti, posto che le altre sono già escluse dalla tassazione sulla base della regola generale.