di Giulio Andreani e Paolo Rinaldi
La recente circolare dell’agenzia delle Entrate 34/E/2020 sulla transazione fiscale, pur essendo stata emanata a poche settimane dall’entrata in vigore delle modifiche apportate agli articoli 180 e 182-bis della legge fallimentare da parte della legge 159/2020, non fornisce istruzioni agli uffici riguardo alle nuove norme introdotte con tale legge.
L’assenza di indicazioni
La circolare 34/E tace in particolare sulle conseguenze riguardo all’attività degli uffici e alla pretesa tributaria derivanti dal provvedimento di omologazione (di accordi di ristrutturazione dei debiti o di concordato preventivo) adottato dal tribunale ai sensi delle nuove disposizioni di legge, in mancanza dell’assenso dell’Agenzia – ovvero, e ben più rilevante – in presenza di espresso diniego da parte di quest’ultima.
Il legislatore, in effetti, non è intervenuto sul testo dell’articolo 182-ter, e dunque questo potrebbe spiegare il silenzio dell’Agenzia, dovendo le nuove norme essere applicate dall’autorità giudiziaria: gli articoli 180 e 182-ter, nella versione modificata, attribuiscono infatti, al tribunale e non ad altri, un ruolo decisivo riguardo all’individuazione dei presupposti di omologazione dei due strumenti di regolazione della crisi sottostanti.
Chi scrive ha già affermato che le norme introdotte con la legge 159/2020 dovrebbero essere interpretate alla luce delle relative disposizioni di origine: l’articolo 48 del Codice della crisi di impresa. La relazione accompagnatoria al Dl 14/2019, infatti, commentando l’articolo ne motiva l’introduzione «al fine di superare ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate, spesso registrate nella prassi» da parte degli enti pubblici.
L’interpretazione da evitare
È tuttavia opportuno sgombrare il campo da possibili equivoci circa una interpretazione troppo letterale di tali norme che potrebbe rendere molto difficile l’applicazione delle nuove regole: si tratta della lettura secondo cui il tribunale potrebbe omologare l’accordo relativo ad altri creditori, considerando il Fisco ai fini del raggiungimento della soglia del 60% dei crediti, ma senza effetto sulla transazione fiscale.
Una simile interpretazione dei nuovi articoli 180 e 182-bis, pur aderendo alla lettera delle disposizioni recentemente introdotte, produrrebbe infatti – specialmente nel caso degli accordi di ristrutturazione dei debiti – effetti distorsivi tali da impedirne di fatto l’applicazione ed è quindi da disattendere.
Si pensi a un piano di risanamento sottostante agli accordi con gli aderenti, il quale includa una transazione fiscale che preveda uno stralcio e/o una dilazione di pagamento dei debiti fiscali, che influenza positivamente l’importo dei flussi di cassa utilizzabili per altri scopi: la relazione dell’esperto certamente ne condizionerebbe la fattibilità alla adesione dell’Agenzia alla transazione fiscale.
Laddove con l’omologazione non si ottenesse l’automatico effetto di adesione da parte dell’ente interessato alla transazione fiscale, il piano non sarebbe fattibile e l’accordo non sarebbe omologabile a causa del mancato avveramento.
Se non si producesse per effetto dell’omologazione anche l’approvazione della proposta, gli unici accordi di ristrutturazione per i quali la modifica porterebbe un vantaggio sarebbero quelli i cui piani non prevedano alcuna transazione fiscale, pur essendo generalmente l’Erario un creditore rilevante per il consenso.
Si tratta di una circostanza assai improbabile, in quanto nell’accordo di ristrutturazione – per definizione – l’Erario o è parte degli accordi dovendo sottoscrivere la transazione fiscale, o è ad essi estraneo e quindi deve essere pagato nel termine dei 120 giorni previsto dall’articolo 182-bis.
Il caso del concordato
La diversa interpretazione della disposizione introdotta nell’articolo 182-bis – anche se più “letterale” – assumendo la possibilità di omologazione degli accordi (diversi dalla transazione fiscale e contributiva) senza la necessità dell’adesione del Fisco e degli enti previdenziali ai fini del raggiungimento della soglia del 60%, non troverebbe in realtà mai applicazione e renderebbe quindi le norme di cui si tratta del tutto inutili. Ecco perché è opportuno chiarire subito che sarebbe un errore farvi riferimento sulla base del mero dato letterale delle nuove norme.
Il rischio di un’interpretazione analoga a quella sopra esposta con riguardo all’accordo di ristrutturazione dei debiti non ricorre nell’ambito del concordato preventivo: in questo caso, infatti, la proposta viene approvata se vengono raggiunte le maggioranze previste dall’articolo 177 e quindi o il Fisco vota favorevolmente o il tribunale «vota in sostituzione». Tertium non datur.
GLI EFFETTI DELLE DIVERSE INTERPRETAZIONI
Il caso
Un’impresa propone un accordo di ristrutturazione alle banche e al Fisco, che hanno crediti per importi pari al 40% ed al 25% dell’ammontare complessivo dei suoi debiti. Il piano prevede una falcidia di tali crediti rispettivamente del 60 e del 50% e una dilazione di pagamento di cinque anni; la proposta di transazione è decisiva ai fini della soglia del 60% e conveniente per l’Erario. Le banche aderiscono all’accordo, mentre l’amministrazione finanziaria non si pronuncia o rigetta la proposta di transazione fiscale.
Le tre possibili applicazioni delle nuove norme
1. Omologa con transazione non efficace
Il tribunale considera il credito del Fisco (25%) per il raggiungimento della soglia del 60% e può omologare l’accordo di ristrutturazione sottoscritto dalle banche; tuttavia, in assenza dell’adesione del Fisco, l’omologa non implica anche l’approvazione della proposta di transazione e non ha effetti sul trattamento dei crediti tributari. Sebbene l’accordo con le banche possa essere di per sé omologato, l’assenza di efficacia della transazione fiscale rende il piano irrealizzabile e impedisce l’omologazione
2.Transazione efficace in caso sia di omessa pronuncia sia di rigetto
Il tribunale considera il credito del Fisco (25%) ai fini del superamento della soglia del 60% e quindi può omologare l’accordo di ristrutturazione sottoscritto dalle banche. Dispone inoltre l’approvazione della proposta di transazione «in sostituzione dell’agenzia delle Entrate», la quale produce la riduzione dell’importo dei debiti tributari e la dilazione di pagamento previste da tale proposta e dal piano: di conseguenza il piano risulta fattibile e gli accordi sono omologabili nel loro complesso
3.Transazione efficace solo in caso di omessa pronuncia
Il tribunale può operare secondo i criteri indicati nel box precedente, originando i medesimi effetti, solo se l’amministrazione finanziaria non si pronuncia sulla proposta di transazione fiscale. Qualora, invece, si pronunci e rigetti la proposta, quest’ultima non potrebbe essere approvata “in sostituzione” dal tribunale: conseguentemente il piano non sarebbe attuabile, senza riduzione dei debiti e della dilazione di pagamento discendenti dalla transazione, e non potrebbe esservi omologazione.