di Giulio Andreani
L’omologazione ordinaria non è toccata dalla legge 103/23 Se Entrate e Inps aderiscono non si applicano le condizioni restrittive
La lettura asettica della norma sulla omologazione forzosa della transazione fiscale introdotta dall’articolo 1-bis della legge 10 agosto 2023, n. 103, da qualcuno paventata, rischia di andare oltre le intenzioni del legislatore (e dello stesso dato normativo), generando effetti tanto indesiderati quanto negativamente rilevanti sul piano operativo. Tale disposizione ha sospeso l’applicazione del secondo periodo del comma 2 e dell’intero comma 2-bis dell’articolo 63 del Codice della crisi e stabilisce (ai commi 2 e 3) che il tribunale omologa la transazione fiscale e contributiva, anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali, quando ricorrono congiuntamente alcune condizioni, quali la natura non liquidatoria degli accordi proposti un soddisfacimento minimo del 40 o del 30% a seconda che l’adesione degli altri creditori sia, o meno, inferiore a un quarto dell’importo complessivo dei debiti dell’impresa proponente.
Questa norma, ove venisse letta in modo avulso rispetto al contesto, cioè disgiuntamente da altre disposizioni del Codice della crisi e prescindendo dalla sua ratio, rischierebbe, in particolare, di essere interpretata nel senso che il tribunale può omologare gli accordi di ristrutturazione dei debiti tributari e contributivi solo se ricorrono le suddette condizioni, non solo in sede di cram down, cioè quando manca l’adesione delle agenzie fiscali e degli enti previdenziali, ma anche in via ordinaria, dopo che tali creditori pubblici hanno espressamente approvato la proposta di transazione; ciò significherebbe, per converso, che, ove tali condizioni non siano rispettate, l’omologazione degli accordi non sarebbe consentita nemmeno in presenza dell’approvazione del Fisco e degli enti previdenziali.
Questa interpretazione contrasta tuttavia sia con la ratio della disposizione introdotta con il citato articolo 1-bis della legge n. 103/2023, sia con la sua lettura sistematica:
a) contrasta con la ratio, perché lo scopo della norma è quello di porre un limite alle proposte di transazione fiscale e contributiva che prevedono un soddisfacimento irrisorio dei crediti tributari e contributivi, in particolare quando tali crediti rappresentano un percentuale molto elevata dell’intera esposizione debitoria dell’impresa in crisi che fa ricorso all’istituto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Lo si evince dalla relazione tecnica che ha accompagnato il provvedimento in oggetto, in cui si legge che la nuova disciplina «limita il ricorso all’omologa degli accordi di ristrutturazione in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria»: dunque solo in mancanza di un accordo;
b) contrasta con la lettura sistematica delle norme del Codice della crisi, perché anche sul mero piano letterale è evidente che il comma 2 del citato articolo 1-bis non dispone in merito all’omologazione ordinaria della transazione fiscale e contributiva, essendo questa disciplinata dal comma 4 dell’articolo 48 del Codice della crisi, ai sensi del quale, quando è depositata una domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione, il tribunale «assunti i mezzi istruttori (…) omologa con sentenza gli accordi»;
c) il citato comma 2 dell’articolo 1-bis sostituisce temporaneamente le disposizioni del comma 2-bis dell’articolo 63, che avevano a oggetto l’omologazione «forzosa» degli accordi, e dunque ne rispecchia la funzione, ovverosia quella di consentirne l’omologazione nonostante la mancata adesione da parte dei creditori pubblici in deroga alla disciplina ordinaria.
Per questi motivi la disciplina di cui trattasi deve essere così ricostruita:
1. l’omologazione ordinaria degli accordi, una volta che questi siano stati sottoscritti dai creditori, inclusi gli atti di transazione fiscale e contributiva, è regolata dal comma 4 del citato articolo 48;
2. l’omologazione forzosa della transazione fiscale e contributiva, richiesta nel caso in cui (e solo nel caso in cui) la proposta di transazione non sia stata approvata dalle agenzie fiscali e dagli enti previdenziali, è disciplinata dal comma 2 dell’articolo 1-bis, il quale richiede che in tal caso ricorrano le condizioni sopra indicate (non a caso la norma corrispondente a detto comma era in origine contenuta nel comma 5 dell’articolo 48, che segue il comma 4);
3. conseguentemente, non è necessario che tali condizioni ricorrano ai fini della omologazione delle transazioni che, ciò nonostante, siano state approvate dal Fisco e dagli enti, in quanto ritenute comunque convenienti e meritevoli di accoglimento.
DOPPIO BINARIO
Le regole per il «cram down»
Con le norme entrate in vigore lo scorso giugno, Il tribunale omologa la transazione fiscale e contributiva anche senza adesione dell’amministrazione, se gli accordi non hanno natura liquidatoria e se c’è il soddisfacimento minimo della pretesa dell’ente (tra il 30 e il 40%, secondo alcune varianti).
L’omologa «ordinaria»
Non è però necessario che tali condizioni, previste per la omologazione forzata, ricorrano per l’omologazione delle transazioni già approvate dal Fisco e dagli enti in quanto convenienti e meritevoli di accoglimento.
12 settembre 2023