di Giulio Andreani
Le considerazioni espresse in merito alla obbligatorietà della proposta di transazione fiscale e agli effetti della sua mancata presentazione (si veda l’articolo qui a sinistra) sono applicabili anche alla domanda di transazione previdenziale, prevista dall’articolo 182-ter della legge fallimentare con riguardo ai contributi amministrati dagli enti previdenziali e assistenziali.
Con riferimento a quest’ultimo tipo di transazione occorre tuttavia porsi un’ulteriore domanda. Infatti il decreto 4 agosto 2009 , emesso dai ministri del Lavoro e dell’Economia, stabilisce che la proposta di transazione previdenziale e assistenziale deve prevedere:
- il pagamento dei crediti privilegiati per i contributi di cui al n.1 dell’articolo 2778 Codice civile e dei crediti per premi in misura non inferiore al 100%;
- il pagamento dei crediti privilegiati per i contributi di cui al n.8 dell’articolo 2778 Codice civile e per il 50% degli accessori in misura non inferiore al 40%;
- il pagamento di crediti di natura chirografaria, rappresentati dal restante 50% degli accessori, in misura non inferiore al 30% del rispettivo ammontare. Inoltre, la dilazione di pagamento non può essere superiore a 60 rate mensili e quindi a cinque anni.
Ciò posto, quali sono le conseguenze della formulazione di una proposta di transazione che non rispetti tali criteri?
Il decreto è stato emesso in dipendenza di un testo dell’articolo 182-ter, quello vigente nel 2009, che differisce radicalmente dalla disposizione oggi applicabile in virtù delle modifiche apportatele dalla legge 232 dell’11 dicembre 2016. Quando esso fu emanato, infatti, tale norma non indicava alcun criterio utilizzabile dagli enti previdenziali e assistenziali per approvare, o meno, le proposte di transazione loro presentate e quindi le disposizioni introdotte con il decreto svolgevano una comprensibile funzione integrativa dell’articolo 182-ter, fornendo dei parametri, ancorché troppo rigidi, impiegabili a questo scopo.
Ora, però, è lo stesso articolo 182-ter, nel suo testo rinnovato, che prevede un preciso principio cui gli enti creditori devono attenersi in sede di valutazione delle proposte di transazione loro formulate, che per di più contrasta con i criteri suddetti.
Ne discende che oggi il decreto del 4 agosto 2009 non è più applicabile, sia perché ne è venuta meno l’utilità, sia perché è incompatibile con l’attuale disposto dell’articolo 182-ter, conseguendone che il mancato rispetto delle disposizioni recate da tale provvedimento non origina alcuna violazione normativa.
In ogni caso, indipendentemente dal contrasto tra il decreto e il citato articolo 182-ter, la non conformità della proposta di transazione previdenziale ai parametri di cui trattasi non può costituire in alcun modo un motivo di inammissibilità della connessa domanda di concordato, né un ostacolo all’omologazione dello stesso. Tali previsioni, infatti, anche ove fossero considerate tuttora vigenti, costituirebbero solo dei criteri di valutazione della predetta proposta, con efficacia esclusivamente interna agli istituti previdenziali e assistenziali.