I bonus edilizi dell’impresa riducono il debito tributario ma non sono monetizzabili. La regola è applicabile a prescindere dal momento di utilizzo del tax credit

di Giulio Andreani e Angelo Tubelli

L’agenzia delle Entrate, in quanto titolare di crediti nei confronti di un’impresa in liquidazione giudiziale, ha diritto di compensarli con i crediti edilizi vantati nei suoi confronti da tale impresa.
Questo è il principio espresso con la risposta a interpello n. 237/2024, , il quale è destinato a trovare applicazione anche in altre procedure, come il concordato preventivo e il Pro, ove il diritto alla compensazione è del pari previsto.
Nel caso di specie i curatori di una società assoggettata a liquidazione giudiziale avevano richiesto conferma dell’impossibilità per le Entrate di eccepire la compensazione dei crediti vantati dall’Erario con i crediti d’imposta dalla prima maturati in base agli articoli 119 e 121 del Dl 34/2020 (superbonus, ecobonus, ecc.) che essi intendevano cedere a terzi anteriormente alla chiusura della procedura. Ciò nell’assunto che i crediti edilizi siano qualificabili come «agevolazioni erogate dallo Stato» e che, non rappresentando “crediti verso l’agenzia delle Entrate in senso stretto», non fossero compensabili ai sensi dell’articolo 155 del Codice della crisi, a norma del quale i creditori possono opporre in compensazione dei loro debiti verso il debitore sottoposto a liquidazione giudiziale i propri crediti verso quest’ultimo, ancorché non ancora scaduti prima dell’apertura della procedura.
Le Entrate hanno rilevato che il divieto di compensazione specificamente sancito per i crediti edilizi dall’articolo 119-ter del Dl 34/2020 non è al momento applicabile poiché manca il relativo regolamento attuativo e che, in presenza di debiti scaduti iscritti a ruolo superiori a 100mila euro, opera il divieto previsto in generale dall’articolo 37, comma 49-quinquies, del Dl 223/2006, in forza del quale il blocco della compensazione vale per tutti i crediti d’imposta (indipendentemente dalla loro natura) e può essere rimosso solo con il versamento dei ruoli scaduti.
Il citato divieto non impedisce tuttavia la compensazione dei crediti dell’Erario sorti nei confronti delle imprese in liquidazione giudiziale prima dell’apertura della procedura, grazie alla norma speciale sancita dal citato articolo 155 del Codice della crisi, la quale ha lo scopo di evitare che il creditore di un’impresa in liquidazione giudiziale resti soddisfatto solo parzialmente per il proprio credito sulla base delle regole civilistiche della par condicio creditorum e al contempo sia tenuto a soddisfare per intero il proprio debito verso tale impresa.
Se, ad esempio, Alfa in liquidazione giudiziale ha nei confronti dell’agenzia delle Entrate un debito di 100 che può soddisfare solo nella misura del 20% e vanta verso la stessa agenzia un credito di 30, in mancanza della norma di cui all’articolo 155 essa dovrebbe pagare al Fisco 20 e ricevere 30: è evidente che quest’ultimo sarebbe assai penalizzato. In virtù dell’articolo 155, invece, la percentuale del 20% si applica sul debito di Alfa (100) al netto del credito (30) e dunque su 70; pertanto Alfa paga all’agenzia 14 (= 70 x 20%) e quest’ultima nulla le deve corrispondere.
La risposta a interpello non precisa l’effetto che, rispetto alla compensazione di cui trattasi, può derivare dalla circostanza che l’utilizzo in compensazione di molti crediti d’imposta è previsto in più rate annuali. Tuttavia, in assenza di disposizioni contrarie, proprio alla luce dell’affermata prevalenza dell’articolo 155 del Codice della crisi, anche in questo caso i crediti d’imposta dovrebbero considerarsi compensabili per intero e in un’unica soluzione con i debiti fiscali maturati prima dell’apertura della procedura.

29 Novembre 2024