di Giulio Andreani e Fabio Cesare
Con l’ordinanza del 14 gennaio 2021 il tribunale della Spezia ha approvato un accordo di composizione della crisi proposto da un professionista nonostante il voto contrario e determinante delle Entrate, con una pronuncia che rileva anche in merito alla transazione fiscale attuata nel concordato preventivo e nell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Rispetto al totale dei creditori ammessi al voto, l’agenzia delle Entrate pesava quasi un terzo del passivo e si rivelava determinante all’esito delle votazioni. Il voto negativo dell’Erario e di altri creditori era risultato pari al 53,84%, mentre i voti a favore erano risultati pari solo al 46,16%; tuttavia il tribunale ha approvato la proposta, applicando l’articolo 12 quater legge 3/12 interpolato dall’articolo 4 ter del Dl 137/20, che impone l’omologa anche in mancanza di adesione da parte dell’Erario quando essa è decisiva per l’approvazione e la proposta è più conveniente dell’alternativa liquidatoria. Entrambe le condizioni ricorrevano nel caso all’esame del giudice spezzino: l’Erario risultava infatti determinante perché all’esito delle votazioni solo con il suo voto l’accordo poteva dirsi approvato e in caso di liquidazione le risorse destinate ai creditori sarebbero state interamente assorbite dai creditori ipotecari risultando inferiori – per gli altri creditori, Fisco incluso – rispetto a quelle per essi previste dalla proposta di composizione della crisi.
I principi affermati nel provvedimento in commento possono essere richiamati per sostenere il cram down erariale nel concordato preventivo e nell’accordo di ristrutturazione dei debiti, con riferimento al voto negativo degli enti nella transazione fiscale. La pronuncia della Corte costituzionale 245/19, ha decretato l’incostituzionalità dell’articolo 7 comma primo terzo periodo della legge 3/12 ove non prevedeva la falcidiabilità dell’Iva nel sovraindebitamento poiché contraria all’articolo 3 della Costituzione.
La norma discriminava ingiustificatamente i sovraindebitati dai soggetti fallibili, ai cui crediti invece la falcidia era già applicabile con la transazione fiscale. Da qui, l’impossibilità di trattare diversamente il cram down erariale nel concordato (oltre che nel 182 bis) e nel sovraindebitamento. Ne discendono i seguenti effetti:
1)nell’accordo di composizione della crisi, la mancata espressione di voto equivale a un voto favorevole e pertanto l’approvazione coattiva dell’accordo può essere disposta dal tribunale solo se l’Erario o gli istituti previdenziali disapprovano espressamente la proposta;
2)nel concordato preventivo non può valere una regola diversa, pena la violazione dei principi fissati dalla Consulta e del principio di unitarietà delle procedure concorsuali già imposto dalla legge delega al Ccii;
3) perciò anche nel concordato l’approvazione coattiva della proposta deve trovare applicazione, anche a seguito del voto negativo del Fisco e degli enti previdenziali e non solo quando non si pronunciano.
Merita di essere evidenziato, infine, il principio di diritto statuito dal tribunale ligure: con le norme citate il legislatore impone all’amministrazione finanziaria l’adesione alle proposte di composizione della crisi che consentono la miglior soddisfazione del credito erariale, costituendo la novella normativa applicazione del principio del buon andamento e dell’efficienza della Pa previsto dall’articolo 97 della Costituzione.