Governo al lavoro sulle modifiche al decreto dopo i pareri delle Camere
di Giulio Andreani
L’efficacia estesa dell’accordo di ristrutturazione dell’articolo 61 del Codice della crisi (articolo 182-septies nella legge fallimentare) si produce nei confronti dei creditori pubblici non aderenti all’accordo, rappresentativi di non più del 25% dei crediti di una categoria omogenea, anche quando l’approvazione degli altri creditori pubblici (generalmente l’agenzia delle Entrate o l’Inps), titolari di crediti rappresentativi di almeno il 75% dei crediti della medesima categoria, deriva, non dall’approvazione espressa dell’accordo da parte di questi ultimi, ma anche dalla omologazione forzosa della transazione fiscale o contributiva disposta dal tribunale.
Lo ha confermato la Corte di Appello di Venezia con decreto del 2 novembre 2023, depositato ieri, con il quale ha omologato forzosamente una transazione fiscale e ne ha esteso gli effetti agli altri creditori pubblici (enti previdenziali ed enti locali).
Il decreto si riferisce a un caso disciplinato dalla legge fallimentare, ma i principi stabiliti dalla Corte di Appello veneta sono applicabili anche con riguardo alla legislazione vigente.
La decisione è condivisibile e fa corretta applicazione del citato articolo 61, secondo il quale gli effetti dell’accordo di ristrutturazione vengono estesi anche ai creditori non aderenti che appartengono a una categoria omogenea di creditori, se ricorrono alcuni presupposti, fra i quali l’adesione di creditori titolari di almeno il 75% dei crediti della categoria.
Infatti, attraverso la omologazione forzosa il legislatore ha attribuito al contribuente la necessaria tutela giurisdizionale rispetto a decisioni della Pubblica amministrazione che non siano conformi alla legge (ad esempio, perché costituite dal rigetto di proposte convenienti per l’Erario); tutela grazie alla quale, mediante l’istanza di omologazione forzosa, il debitore chiede al tribunale di emettere un provvedimento che riformi la decisione del creditore pubblico contrastante con il citato articolo 63. Così stando le cose, sarebbe del tutto illogica una disciplina che consentisse l’estensione dell’efficacia dell’accordo in presenza dell’approvazione della transazione fiscale espressa dall’agenzia delle Entrate e la impedisse qualora l’approvazione della proposta derivasse dalla omologazione forzosa disposta dal tribunale per porre rimedio a una pronuncia adottata dall’Amministrazione finanziaria in violazione della legge; equivarrebbe ad attribuire rilevanza a un provvedimento illegittimo, nonostante la censura e la riforma dello stesso disposta dall’Autorità giudiziaria mediante un provvedimento che legittimo è invece per definizione.
È vero che, sebbene il comma 1 dell’articolo 63 menzioni l’articolo 61, il quale regola l’accordo a efficacia estesa, il comma 2-bis del medesimo articolo 63, da cui il c ram down è previsto, richiama solo gli articoli 57 e 60, e non anche l’articolo 61; tuttavia, il riferimento agli articoli. 57 e 60 (non a caso al rispettivo comma 1) ha solo lo scopo di individuare le percentuali (60% e 30%) rispetto al raggiungimento delle quali l’adesione del fisco e degli enti previdenziali deve essere determinante ai fini della omologazione forzosa.
Tale richiamo non rileva quindi in ordine all’estensione degli effetti dell’approvazione della transazione. Volontaria o forzosa che sia.
11 dicembre 2023