L’istituto della transazione fiscale è stato introdotto nell’ordinamento allo scopo di consentire alle imprese che si trovano in una situazione di crisi di pagare solo parzialmente e in forma dilazionata i propri debiti tributari e, per contro, di permettere all’Amministrazione finanziaria di accettare un soddisfacimento solo parziale da parte di tali imprese, ricuperando i crediti tributari di cui è titolare per gli importi, nelle forme e con le modalità che ne assicurano comunque un soddisfacimento migliore di quello consentito dalle alternative possibili. Attraverso la transazione fiscale viene al tempo stesso perseguito l’obiettivo di scongiurare la disgregazione dell’impresa debitrice e l’impoverimento degli stakeholder della stessa, evitando così che ne derivino ulteriori oneri per la collettività, sotto forma di minori entrate future a titolo di imposte e di maggiori oneri sociali.
La transazione fiscale produce quindi la falcidia e la dilazione di pagamento dei crediti tributari, relativi a imposte, sanzioni e interessi, iscritti e non iscritti a ruolo, certi e contestati, in misura variabile a seconda della gravità della crisi in cui si trova l’impresa debitrice e della sua capacità di risanamento. Il sacrificio subito dall’Erario deve essere però compensato dai vantaggi che derivano dalla transazione, sia in termini di recupero dei suoi crediti, sia in virtù del risanamento dell’impresa debitrice; a patto, tuttavia, che questa sia poi in grado di esercitare nel tempo la propria attività in condizioni di equilibrio economico-finanziario e patrimoniale, evitando futuri dissesti che priverebbero di giustificazione il sacrificio subito dall’Amministrazione finanziaria.
Il perfezionamento della transazione fiscale comporta l’esame di un’ampia serie di temi, spesso controversi, alcuni dei quali attengono più propriamente al campo del diritto tributario, altri a quello del diritto della crisi e altri ancora a quello dell’economia aziendale.
Le norme che disciplinano questo istituto sono state oggetto nel corso degli anni di ampio dibattito sia in relazione al loro conflitto con il cosiddetto principio della indisponibilità dell’obbligazione tributaria e con alcune norme comunitarie, sia in relazione all’ampiezza della discrezionalità che dovrebbe caratterizzare in questo ambito l’azione dell’Amministrazione finanziaria e ai rimedi giurisdizionali previsti a seguito del rigetto della proposta da parte di quest’ultima. Così come sono state oggetto di varie e corpose modifiche, l’ultima delle quali è quella recata dal terzo decreto correttivo del Codice della crisi.
Sosteniamo da molti anni che non sussistono limiti assoluti e prestabiliti alla falcidiabilità dei debiti tributari e che la discrezionalità del Fisco è assai limitata, sia nell’approvare sia nel rigettare le proposte formulate dai contribuenti, essendo vincolata ad attuare, tra tutte le soluzioni possibili, quella che consente il miglior soddisfacimento dei crediti erariali. Una conferma di questa tesi è pervenuta dallo stresso legislatore oltre che dalla giurisprudenza: è infatti rinvenibile, da un lato, nel Codice della crisi e dell’insolvenza entrato in vigore il 15 luglio 2022, nel decreto-legge 27 novembre 2020, n. 159, convertito nella Legge 7 ottobre 2020, n. 125, e nel decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, convertito nella Legge 21 ottobre 2021, n. 147, con i quali è stato normativamente stabilito il carattere decisivo della convenienza per l’Erario della proposta di transazione ai fini dell’approvazione della stessa; è inoltre rinvenibile, dall’altro lato, nella sentenza 25 marzo n. 8054 pronunciata a Sezioni Unite dalla Corte di Cassazione, con la quale è stata affermata, in ordine all’approvazione della proposta di transazione fiscale, la prevalenza dell’interesse concorsuale sull’interesse fiscale, dando vita a un indirizzo che è oggi da considerarsi consolidato.
Tuttavia, se diversi contrasti interpretativi sono stati superati nel corso degli anni dalla giurisprudenza e dallo stesso legislatore con il Codice della crisi, come ad esempio quello concernente l’utilizzo dei flussi generati dalla prosecuzione dell’attività d’impresa per soddisfare i crediti tributari in deroga alla regola della priorità assoluta, altri sono emersi (o sono rimasti irrisolti) nei primi due anni di applicazione delle disposizioni introdotte con tale Codice.
Possiamo ricordare, a titolo semplificativo, quello dell’abuso dell’istituto della transazione fiscale quando l’Amministrazione finanziaria e gli Enti previdenziali sono sostanzialmente gli unici creditori o il soddisfacimento dei crediti pubblici è irrisorio, ancorché conveniente rispetto alla liquidazione giudiziale; quello dell’attuabilità del cram down fiscale nel concordato preventivo in continuità aziendale; quello della possibilità di ridurre i debiti tributari nella composizione negoziata della crisi e nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (il cosiddetto “pro”); quello della prevalenza del principio di legalità sul criterio della convenienza sostenuta dall’Agenzia delle Entrate, in base al quale la transazione fiscale sarebbe preclusa a chi si è in precedenza reso responsabile di illeciti fiscali; quello riguardante i criteri di determinazione della stessa convenienza della proposta; quello della durata della dilazione di pagamento e del suo rapporto con l’ampiezza necessariamente limitata del piano di risanamento su cui la proposta di transazione deve essere fondata.
Alcuni di tali contrasti interpretativi sono stati superati con l’introduzione dell’art. 1-bis del decreto-legge n. 69/2023, con il quale sono state stabilite, con finalità antiabusive, limitazioni qualitative e quantitative al cram down nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione Il cosiddetto “contro cram down”); altri sono stati superati con il terzo decreto correttivo del Codice della crisi: quelli relativi alla omologazione forzosa nel concordato preventivo in continuità, alla falcidiabilità di tali debiti nella composizione negoziata e nel pro e al rapporto fra la regola della priorità relativa e il divieto di trattamento deteriore dei crediti tributari.
Ulteriori aspetti controversi rimangono ancora non chiaramente disciplinati, come quello concernente il coordinamento della transazione fiscale con gli istituti deflattivi del contenzioso ai fini della definizione di crediti contestati e gli effetti processuali della transazione che comprende anche debiti oggetto di liti fiscali pendenti; temi che continuano a non trovare omogeneo trattamento da parte degli uffici dell’Amministrazione finanziaria.
Altre controversie sono destinate a essere generate da disposizioni di nuovo conio che tale decreto correttivo ha introdotto nell’ordinamento, in particolare quelle con cui sono state introdotte ulteriori limitazioni all’omologazione forzosa della transazione fiscale nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.