di Giulio Andreani

Il decreto correttivo del Codice della crisi approvato in prima lettura il 10 giugno scorso dal Consiglio dei ministri(dovrà essere varato una seconda ed ultima vota dopo essere stato sottoposto alle osservazioni delle commissioni parlamentari competenti) risolve quattro rilevanti contrasti interpretativi emersi nei primi due anni di applicazione delle norme che disciplinano il concordato preventivo con continuità aziendale.
Il primo riguarda la possibilità di omologazione forzosa della transazione fiscale e contributiva anche nel concordato preventivo, la quale è esclusa dal prevalente orientamento dottrinale e giurisprudenziale principalmente per le seguenti ragioni:
per l’incipit del comma 1 dell’articolo 88 del Codice, il quale precisa che resta «fermo quanto previsto, per il concordato in continuità aziendale, dall’articolo 112, comma 2»: si pone dunque l’interrogativo se le disposizioni di cui all’articolo 112 si aggiungano a quelle dell’articolo 88 che disciplinano l’omologazione forzosa oppure le sostituiscano;
per la lettera del comma 2-bis del medesimo articolo 88, il quale, richiamando solo il comma 1 dell’articolo 109,che riguarda soltanto il concordato liquidatorio, indurrebbe a escludere il cram down in quello in continuità; dall’altro lato, tuttavia, stabilisce che l’omologazione forzosa è disposta se la proposta di transazione è conveniente o non deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria e ciò, poiché il concetto di non deteriorità è connesso al concordato in continuità, indurrebbe a ritenere ammissibile l’omologazione forzosa anche in questo caso.

L’estensione

Al fine di scongiurare incertezze su un tema così rilevante, il correttivo prevede la modifica dell’ articolo 88,disciplinando l’omologazione forzosa in due distinti commi.
Il comma 3 è dedicato al concordato liquidatorio e stabilisce che in tale ambito il tribunale omologa il concordato anche in mancanza di adesione delle agenzie fiscali e degli enti previdenziali, quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’articolo 109, comma 1, e il soddisfacimento di detti creditori è conveniente rispetto alla liquidazione giudiziale.
Il comma 4 è dedicato, invece, al concordato in continuità e stabilisce che il tribunale omologa il concordato anche in mancanza di adesione delle agenzie fiscali e degli enti previdenziali, se il soddisfacimento di detti creditori risulta non deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria. Ricorrendo questa ipotesi (cioè quella della non deteriorità della proposta) – prosegue la norma – «il tribunale omologa se tale adesione (quella del Fisco o degli enti, Ndr) è determinante ai fini del raggiungimento della maggioranza delle classi prevista, ai fini della omologazione, dal primo periodo dell’articolo 112, comma 2, lettera d), oppure se la stessa maggioranza è raggiunta escludendo dal computo le classi dei creditori di cui al comma 1» (cioè quelle dei creditori pubblici).

Il rischio equivoci

Vista la natura del contrasto interpretativo che si prefigge di risolvere, la nuova disposizione intende certamente affermare che il tribunale può disporre l’omologazione forzosa anche nel concordato in continuità; tuttavia, l’uso della congiunzione (con valore disgiuntivo) “oppure” rischia di generare nuove incertezze. Così scritta, infatti, la norma sembra porre in alternativa la prima parte del secondo periodo del comma 4, da cui è prevista, con la seconda parte del medesimo periodo. Ciò è illogico, perché tali parti sono necessariamente complementari, sussistendo buone ragioni, anche alla luce dei lavori preparatori del correttivo, per ritenere che la disposizione debba essere letta nel senso che, quando la proposta di transazione è non deteriore e l’adesione dei creditori pubblici è determinante ai fini del raggiungimento della maggioranza di legge, il tribunale omologa il concordato se tale maggioranza risulta raggiunta escludendo dal computo le classi formate da detti creditori. A scanso di equivoci, sarebbe quindi opportuno che la congiunzione “oppure” (disgiuntiva) venisse sostituita con la congiunzione “e” (con funzione aggiuntiva fra le due parti del secondo periodo). Altrimenti si afferma, in modo non chiaro, una diversa regola.

24 giugno 2024