di Giulio Andreani
Riappare nel Dl Salvainfrazioni la norma che pone un limite alla falcidia dei debiti tributari generata dalla
omologazione forzosa della transazione fiscale formulata nell’ambito di un accordo di ristrutturazione, dopo
che, il mese scorso, era stata espunta dal cosiddetto decreto Pa (si veda il Sole 24 Ore di ieri).
La transazione, se proposta nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti, potrà essere omologata dal
tribunale, anche in mancanza di adesione dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali, solo
quando, oltre a essere – come in passato – conveniente per i creditori pubblici rispetto all’alternativa
liquidatoria e determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali del 60 o del 30 per cento dei crediti
oggetto dell’accordo, ricorreranno anche le ulteriori condizioni che seguono:
1) un soddisfacimento dei crediti tributari e contributivi pari almeno al 30 per cento del loro ammontare,
comprensivo di sanzioni e interessi, se il credito complessivo di cui sono titolari altri creditori aderenti
corrisponde ad almeno un quarto dell’intero importo dei debiti dell’impresa istante;
2) un soddisfacimento dei crediti tributari e contributivi pari almeno al 40 per cento del loro ammontare,
comprensivo di sanzioni e interessi, e una dilazione di pagamento non superiore a dieci anni, se il credito
complessivo di cui sono titolari altri creditori aderenti è inferiore a un quarto dell’intero importo dei debiti
dell’impresa istante oppure se non vi è alcun altro creditore aderente all’accordo.
Pertanto, la convenienza e la natura determinante dell’adesione dei creditori pubblici continuano a essere
necessarie ai fini del cram down fiscale, ma non sono più sufficienti.
14 luglio 2023