di Giulio Andreani
Il decreto legge 24 agosto 2021 n.118 sulla crisi d’impresa non ha solo chiarito che la disciplina della transazione fiscale riguarda anche i casi in cui gli enti fiscali e previdenziali boccino la proposta (e non solo quelli in cui manchi il voto), ma ha anche stabilito che in presenza di omologazione forzosa si applichino le sanzioni previste per i reati fallimentari.
Transazione più estesa
L’articolo 20 del Dl 118/2021, ora all’esame del Parlamento per la conversione in legge, ha adeguato l’articolo 180, comma 4 della legge fallimentare che disciplina la transazione fiscale a quanto previsto dal Codice della crisi (da cui la norma era stata stralciata lo scorso autunno proprio per anticiparne l’entrata in vigore), modificando l’espressione «in mancanza di voto» in quella di «mancanza di adesione». Poiché per «mancanza di adesione» deve intendersi, nel concordato preventivo, anche la mancanza di adesione dovuta all’espressione di un voto negativo, la modifica ha lo scopo di precisare che il tribunale può omologare forzosamente la transazione fiscale e contributiva anche a seguito del rigetto della proposta, attraverso il voto contrario. La stessa regola si applica, a maggior ragione, nell’accordo di ristrutturazione dei debiti, nel cui contesto la lettera dell’articolo 182-bis della legge fallimentare, comma 4, già prevedeva l’espressione «mancanza di adesione».
L’articolo 20 consente di superare le incertezze interpretative sorte sulla portata delle norme sulla omologazione forzosa della transazione, avallando quella che era stata definita “interpretazione estensiva”, secondo cui il giudice ha il potere-dovere di omologare forzosamente l’accordo, non solo in assenza di un’espressione di voto o di adesione da parte del fisco e degli enti previdenziali, ma anche a seguito del voto contrario o del rigetto della proposta da parte dei creditori pubblici, al contrario di quanto discenderebbe da un orientamento più restrittivo.
Si potrebbe obiettare, da parte di chi aderisce a questo secondo indirizzo, che l’articolo 20 non ha la struttura tipica della norma interpretativa e che il legislatore ha voluto semplicemente adeguare il testo della legge fallimentare a quello del Codice della crisi.
Ma è da escludere che la modifica legislativa, essendo intervenuta in un momento in cui il contrasto dottrinale e giurisprudenziale era oltre modo noto, non abbia avuto un intento chiarificatore. Così com’è da escludere che l’espressione «mancanza di adesione» abbia il medesimo significato di quella di «mancanza di voto»: sia perché non sono coincidenti, sia perché, se lo fossero state, l’intervento del legislatore sarebbe da considerare inutile, e ritenerlo tale è errato sotto il profilo interpretativo.
Non vi è dubbio che tale intervento avrebbe potuto essere più diretto e quindi più chiaro, stabilendo espressamente che l’omologazione forzosa si applica anche in presenza del voto negativo e del rigetto manifestati palesemente dal Fisco e dagli enti previdenziali. Tuttavia, ciò avrebbe originato un’inopportuna divaricazione fra le norme previste dalla legge fallimentare e quelle del Codice della crisi perché avrebbe originato ulteriori incertezze interpretative, che qualcuno avrebbe immancabilmente tratto proprio dalla differenza rilevabile tra i due corpi normativi. Insomma, il chiarimento è stato fornito tenendo conto dell’esigenza di evitare troppe modifiche, e ciò dovrebbe bastare.
Sanzioni penali
Al tempo stesso l’articolo 20 del Dl 118 ha aggiunto un’integrazione della norma penale prevista dal comma 3 dell’articolo 236 della legge fallimentare assai rilevante, sebbene sia sinora rimasta un po’ nell’ombra. Si tratta della disposizione secondo cui le sanzioni penali relative ai reati fallimentari ( comma 2, numeri 1), 2) e 4) dell’articolo 236) trovano applicazione anche nel caso di omologazione forzosa della transazione fiscale e contributiva nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Un contrappeso alla disciplina estensiva della omologazione forzosa che opera quindi anche in questo contesto. Pertanto, in presenza di condotte censurabili, anche pregresse, è meglio evitare di richiedere l’omologazione forzosa della transazione.