I limiti si applicano se il debito non è inferiore all’80% dell’esposizione e ci sono omessi versamenti per almeno cinque anni

di Giulio Andreani

Lo schema di Dlgs correttivo del Codice della crisi (Cci) introduce nuove limitazioni all’omologazione forzosa della transazione fiscale nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti, dopo che il Dl 69/2023 aveva condizionato tale forma di omologa a un soddisfacimento minimo del debito tributario e contributivo, variabile, in base all’ampiezza dell’adesione alla ristrutturazione da parte dei creditori diversi da quelli pubblici, dal 30 al 40%, compresi tributi, sanzioni e interessi. Le nuove limitazioni sono varie.
Innanzitutto, il cram down sarà precluso se il debito tributario o contributivo non è inferiore all’80% dell’intera esposizione debitoria dell’impresa che propone la transazione. Inoltre:
il contribuente ha omesso il versamento di imposte o contributi in almeno cinque anni;
nel caso in cui il debito tributario o previdenziale derivi, per almeno un terzo del complessivo debito oggetto di transazione, dall’accertamento di violazioni realizzate mediante l’utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente.
Queste due fattispecie sono fra loro alternative e almeno una deve ricorrere congiuntamente al raggiungimento dell’80%.
Questa disposizione intende contrastare la condotta delle imprese che omettono sistematicamente di versare imposte e contributi, magari reperendo in tal modo le risorse necessarie a pagare altri creditori, confidando poi di ottenere una falcidia dei loro debiti tributari e contributivi semplicemente presentando una proposta di transazione che, alla luce della situazione patrimoniale ormai deteriorata, sia conveniente per tali creditori rispetto alla liquidazione giudiziale. Ma pare eccessivo che la preclusione possa essere provocata anche solo da contestazioni prive del benché minimo vaglio giudiziario, che potrebbe poi farle rivelare prive di fondamento. Per evitare tale effetto, sarebbe preferibile prevedere la rilevanza di tali contestazioni solo se confermate almeno in un grado di giudizio.
Tuttavia, per precludere l’omologazione forzosa occorre che l’importo di tali contestazioni ecceda un terzo del debito tributario e contributivo e, inoltre, che quest’ultimo rappresenti almeno l’80% dell’esposizione complessiva. Quindi i casi cui la norma si potrà applicare non saranno molti e quando ricorreranno avranno profili patologici tali da giustificare il maggior rigore previsto dal correttivo.
Fuori del caso in cui il Fisco abbia elevato tali contestazioni, la preclusione dell’omologazione forzosa opererà solo se il debito tributario e contributivo è costituito da omessi versamenti nei cinque anni precedenti. Quindi, per evitarne l’applicazione, basterà che, dopo quattro anni in cui è stato omesso il pagamento dei tributi, l’impresa debitrice presenti la proposta di transazione fiscale, evitando di ometterne il versamento anche in un ulteriore anno. La norma assolverebbe comunque anche in questo caso la propria funzione, che è proprio evitare di formare il debito oggetto di transazione in un periodo troppo ampio e quindi che esso assuma dimensioni ingiustificate.

28 giugno 2024