La Cassazione conferma la posizione già prevalente sull’omologazione forzosa. Parola al tribunale quando il creditore non si pronuncia o rigetta la domanda
di Giulio Andreani
Con l’ordinanza 27782/2024 pubblicata il 28 ottobre 2024 la Cassazione ha messo la parola “fine” sulla questione concernente l’omologazione forzosa della transazione fiscale e contributiva. Omologazione che può avvenire non solo in mancanza di una pronuncia dell’amministrazione finanziaria e/o degli enti previdenziali sulla proposta formulata dal debitore, ma anche a seguito di un espresso rigetto di tale proposta.
Fin dall’introduzione del cram down fiscale nella legge fallimentare, dottrina e giurisprudenza si erano interrogate sulla corretta interpretazione della “mancanza” di adesione o del voto per effetto della quale il cram down, ricorrendo taluni presupposti, poteva essere disposto dal tribunale. Infatti, tale circostanza poteva letteralmente ricorrere:
- soltanto quando i creditori pubblici non si fossero pronunciati sulla domanda di transazione (tesi restrittiva);
- sia quando i creditori pubblici non si fossero pronunciati sia quando avessero rigettato la domanda (tesi estensiva);
- sia quando i creditori pubblici non si fossero pronunciati sia quando avessero rigettato la domanda, nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, e soltanto quando non si fossero pronunciati sulle domande loro formulate, nell’ambito del concordato preventivo (tesi intermedia).
Le pronunce dei giudici
La giurisprudenza di merito, in misura largamente prevalente, aveva dimostrato di condividere la tesi estensiva, ritenuta preferibile alla luce sia della ratio del cram down fiscale desumibile dalla relazione illustrativa del Codice della crisi, sia della reale tutela giurisdizionale che ne derivava contro i provvedimenti di rigetto delle proposte di transazione assunti in contrasto con i principi dell’articolo 182-ter della legge fallimentare, attraverso l’attribuzione al tribunale fallimentare del potere di “riformare” i provvedimenti di rigetto delle proposte di transazione ove la loro approvazione fosse conveniente per l’Erario.
Questa convinzione era inoltre rafforzata dalle ordinanze 8504/2021 e 35954/2021, con cui la Cassazione a Sezioni unite aveva stabilito che: all’impresa debitrice compete sempre la tutela giurisdizionale e il giudice competente a tal fine è il giudice ordinario, ovvero il tribunale fallimentare, in ragione della preminente ratio concorsuale della transazione fiscale.
La posizione del Fisco
Del resto, la stessa agenzia delle Entrate, rispondendo a uno dei quesiti di Telefisco 2022, aveva riconosciuto che la transazione fiscale poteva essere omologata forzosamente dal tribunale non solo quando il Fisco non si fosse pronunciato sulla proposta di transazione formulatale, ma anche quando tale proposta fosse stata espressamente rigettata.
Questa precisazione non discendeva tuttavia dal consolidamento dell’indirizzo giurisprudenziale citato, bensì dalla modifica apportata all’articolo 180 della legge fallimentare dall’articolo 20 del Dl 118/2021 (convertito dalla legge 147/2021). Modifica con la quale la formulazione della norma che disciplinava l’omologazione forzosa nell’ambito del concordato preventivo era stata allineata a quella dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, stabilendo che in entrambi i casi tale forma di omologazione possa essere disposta dal tribunale «in mancanza di adesione» dei creditori pubblici: quindi tanto in assenza di una pronuncia, quanto in caso di rigetto della proposta.
Il Dlgs 136/2024 ha ulteriormente chiarito questo principio, precisando – al comma 4 dell’articolo 88 del Codice della crisi – che l’omologazione forzosa ha luogo in «mancanza di adesione, che comprende anche il voto contrario».
È quindi tutto chiaro ed è pertanto interesse della stessa agenzia delle Entrate abbandonare le cause promosse su opposti presupposti, anticipando così la riscossione di quanto dovuto in base alle transazioni oggetto di cram down.
02 Dicembre 2024